LA PACE
Ennio Morlotti
1949
Tecnica
Dipinto
Materiale
Olio su tela
Misure
145,5 x 209,8 cm
Provenienza
Opera donata da Rosa Riva, in memoria di Renzo Riva, nel 1996
N. Inventario
761
L’opera si colloca in un momento particolare della ricerca artistica di Morlotti, quasi una sorta di parentesi rispetto all’intero percorso. È il periodo che va dal 1947, anno del viaggio ad Antibes e a Parigi (dove conosce Picasso), al 1952 quando espone alla XXVI Biennale di Venezia con il Gruppo degli Otto.
Sono gli anni postbellici della ricostruzione economica, civile e morale del paese, in cui anche gli artisti si sentono coinvolti nel rinnovamento culturale e del linguaggio dell’arte. Punto di riferimento sono le avanguardie europee e, in particolare, il Picasso di Guernica (1937).
Morlotti è uno dei protagonisti del dibattito artistico: dal 1940 al 1942 partecipa al movimento di Corrente, nel 1946 è tra i firmatari del Manifesto del Realismo e aderisce al Fronte Nuovo delle Arti e nel 1952 è tra gli autori del Gruppo degli Otto.
Lo svecchiamento e l’innovazione del linguaggio artistico italiano vengono considerati possibili attraverso la grammatica neocubista cui si ispira anche Morlotti per le opere di questo periodo tra cui La pace.
Il dipinto è costruito attraverso il segno: una linea nera che percorre la tela e struttura lo spazio creando una traccia che fa emergere il vuoto, sul pieno. Si crea una sorta di impalcatura di incastri a losanga e di costruzioni triangolari che, come nelle antiche vetrate delle cattedrali gotiche, originano le diverse forme e figure.
La luce emerge da questo cloisonnisme attraverso una cromia chiara, luminosa di azzurri, rosa, bianchi e una stesura per velature leggere. L’attenzione all’uso del colore è maturata anche grazie allo studio, proprio tra il 1947 e 1952, del maestro lombardo Moretto.
Una linea mediana verticale separa il dipinto in due parti: una, astratta, in cui le linee in diagonale conferiscono un calibrato dinamismo e l’altra, più statica nella composizione, che presenta due figure geometrizzanti, quasi totemiche riportate sul piano enfatizzando la bidimensionalità. Le figure sembrano scambiarsi dei doni, come simbolo di un incontro, di una riappacificazione.
Le ampie sintesi formali, la geometrizzazione serrata, le campiture distese denunciano un prevalente interesse verso la forma più che verso l’espressione.
(GF)