IMMEDIATAMENTE PRIMA
Emilio Scanavino
1960
Tecnica
Dipinto
Materiale
Olio su tela
Misure
98 x 120 cm
Provenienza
Opera donata dal Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate nel 1966
N. Inventario
117
Genovese di nascita, nel 1958 Scanavino si trasferisce a Milano, città vivace nel dibattito culturale europeo. Frequenta più assiduamente gli artisti conosciuti ad Albisola dal 1951 come Fontana, Dova, Baj, Capogrossi e il suo mercante Carlo Cardazzo. Sono gli anni dei riconoscimenti: l’esposizione personale alla Biennale di Venezia nel 1960 e 1966.
In questo periodo, dopo la stagione legata al Movimento Spaziale (1953) con dipinti contraddistinti da una spazialità psicologica di intima sofferenza, Scanavino elabora un linguaggio informale del tutto personale caratterizzato da un automatismo gestuale, una scrittura immediata, un flusso di coscienza scandito da ritmi segnici con cui l’artista cerca di ricomporre l’unità dell’uomo e del mondo.
In Immediatamente prima, 1960, la superficie della tela è abitata da presenze simboliche che emergono dall’atmosfera liquida di uno spazio rarefatto e dilavato, grigio, attraversato da improvvisi bagliori. Sono grovigli, filamenti, incroci, legature. Non appaiono secondo un ordine regolare o strutturato, ma in modo vago e nello stesso tempo calibrato e ponderato, concentrandosi prevalentemente nella parte centrale dell’opera e lasciando prevalere, nella zona destra, il vuoto, il silenzio.
Il colore, attraverso ombre e baleni sfumanti, crea una sorta di nebbia, di spazio dalla profondità indistinta, privo di coordinate.
Questa riduzione cromatica, con sottili modulazioni tonali rende protagonista il segno che appare in un aspetto quasi radiografico e fantasmatico. Scanavino scrive: “Il nero è la notte che eguaglia le cose e riduce tutto a una parata di ombre. Io sono il pittore di queste ombre”.
Il suo mondo segnico e simbolico ha origine dai sentimenti che nascono dall’esperienza quotidiana, attenta ai pensieri, ma anche alle forme della natura, alle cose, agli oggetti e ai materiali comuni, mentre il carattere esistenziale della sua ricerca è legato all’introspezione visionaria evocatrice di simboli provenienti dalla profondità d’animo: “Ogni segno nuovo nella mia pittura rappresenta una tappa nella mia vita, una conquista faticosamente raggiunta”.
Immediatamente prima, esposto all’VIII Premio Nazionale di pittura Città di Gallarate nel 1966, viene premiato dalla giuria composta da Guido Ballo, Luigi Carluccio, Garibaldo Marussi, Franco Russoli e Marco Valsecchi. (GF)