FIGURE NEL PAESAGGIO
Piero Ruggeri
1965
Tecnica
Dipinto
Materiale
Tempera verniciata su tela
Misure
45 x 30 cm
Provenienza
Opera donata dal Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate nel 1966
N. Inventario
120
Piero Ruggeri, formatosi all’Accademia Albertina di Torino nella seconda metà degli anni cinquanta, stimolato dagli esempi di Spazzapan e Moreni, influenzato dall’espressionismo astratto americano (De Kooning e Gorky) e dall’informale europeo (Wols, Jorn, Appel, Dubuffet), approda a un linguaggio informale segnico e materico.
Nel 1962 espone alla Biennale di Venezia, nel 1961 e 1963 è alla Biennale di San Paolo e nel 1966 partecipa all’VIII Premio di Pittura Città di Gallarate con Figure nel paesaggio.
L’opera rimanda a uno temi cari all’artista: il rapporto uomo/natura.
Ruggeri è un pittore di natura e di esistenza, il paesaggio è spesso il luogo dell’anima.
L’artista cerca di fermare nella forma, nel gesto, nella materia il proprio bisogno d’essere, il bisogno d’infinito, di spazio e di silenzio.
L’impaginazione del dipinto è impostata su uno schema scandito da cortine tonali, stratificazioni, sedimentazioni, interrelazioni e reazioni tra più superfici e più materie elaborate sulla tela.
Questa infatti per Ruggeri è come un universo, un immenso e mutevole campo di relazioni, di dissolvimenti magnetici, di contrasti tra luce e buio, un groviglio psichico, esistenziale.
In Figure nel paesaggio, un’ampia zona di colore scuro predomina gran parte della superficie arginata sul lato destro da una striscia verticale di luce, di bianco e in basso da piccole macchie, quasi geometriche, di colore bianco, rosso. Irrompono in questa struttura composta e statica la corposità dei pigmenti, la materia solida, ma nello stesso tempo colante e disfatta, la luminosità dei colori e la fluidità di segni corsivi che rendono vibrante la superficie, in un felice connubio tra gesto e materia.
La tela è come un campo di forze che, nella tensione di una materia magmatica affrontata a colpi di spatola, di raschiature, di graffi e nel contrasto cromatico e luministico, è espressione di solitudine e liricità.
L’opera diventa il luogo dell’angoscia, ma anche del tentativo di risolverla, perché, come scrive Ruggeri, “la fiducia nella volontà dell’uomo di resistere e di prevalere è il fondamentale soggetto di tutta la mia opera”. (GF)