NAISSANCE
Cesare Peverelli
1958
Tecnica
Dipinto
Materiale
Olio su tela
Misure
146 x 114 cm
Provenienza
Opera acquistata in occasione della XX edizione del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, 2000
N. Inventario
1021
Cesare Peverelli si forma a Brera alla scuola di Funi e nei primi anni cinquanta con Dova e Crippa è uno dei protagonisti dello spazialismo con opere caratterizzate da configurazioni atomiche e molecolari con accenti automatico-surrealisti.
Nel 1957 si trasferisce a Parigi dove stringe rapporti con alcune figure carismatiche della stagione del dada-surrealismo come Ernst, Matta, Masson e Tzara che insieme alla lezione di Giacometti, Bacon, De Stael, Sutherland e Picasso contribuiranno a trasformare la ricerca di Peverelli in chiave surrealista.
Dal 1957, infatti, nelle sue tele prevalgono i colori seppia e grigio attraversati da filamentosi e taglienti baleni di luce che spesso originano figure diafane e fantasmatiche.
Naissance è una delle prime opere che l’artista ha realizzato a Parigi. La tela è suddivisa in una gabbia geometrica costituita da dodici riquadri di dimensioni differenti, ognuno dei quali contiene una forma cara a Peverelli che ritorna in altri e successivi suoi lavori, una sorta di seme/vagina, simbolo della nascita.
Tali figure, nate dall’incrocio di segni in modo automatico, presentano una ferita, un’apertura che prelude alla germinazione di qualcosa, una soglia verso altre dimensioni. Sono come dei baccelli in stato di latenza dentro spazi vuoti, bagnati da luce lattiginosa.
Il fondo è grigio, un’ombra compatta e diffusa che pare annullare il mondo affinché altri mondi, altri oggetti, lo rimpiazzino.
Al centro del dipinto vi è un quadrato nero diviso da una linea mediana, in due parti di colore leggermente differente, simbolo di un doppio dentro la visione, di uno specchio buio, dell’infinito, del nulla.
Nel dipinto L’atelier dell’artista del 1976 è presente il simbolo della nascita, il seme che si schiude, e accanto a esso altre figure e altri temi prelevati da opere precedenti come per racchiudere in una summa infiniti mondi, molteplici storie, tutte collegate nella mente dell’artista e, per noi, frammenti da correlare e da interpretare. Peverelli costruisce i suoi quadri come se fossero dei racconti differenti e autonomi, ma, nel contempo, parte di un unico romanzo.
Nel 1960 espone alla XXX Biennale di Venezia in una sala personale. (GF)