SCULTURA DA PRENDERE A CALCI
Gabriele De Vecchi
1960
Tecnica
Opera cinetico-visuale
Materiale
Otto parallelepipedi di poliuretano espanso, filo elastico
Provenienza
Opera donata dall’artista nel 1995
N. Inventario
712
La ricerca di De Vecchi interroga spesso il corpo, richiede partecipazione fisica, si compie nella prova di spazio, nell’azione e nel gesto. Questa scultura, che sembra essere un oggetto crudo ed esteticamente mal riuscito, è in realtà emblematica del pensiero del Gruppo T: del tutto antidecorativa, esente da gusto, interattiva e passibile di essere agita, fino allo sfinimento. È ovvio anche come quest’opera sia un chiaro segnale di rottura linguistica con la scultura tradizionale, unica e d’autore, fatta di forme sicure, di pieni di vuoti, di linee che tendono all’assoluto, create per essere contemplate. Quest’opera inverte tutti i valori: è semplice e ripetibile, si tocca con le scarpe e il suo punto di fruizione più alto accade quando è scagliata, invisibile perché in movimento.
La ricerca di De Vecchi e del Gruppo T è stata sempre quella di creare situazioni di possibilità, ovvero possibili visioni, azioni, reazioni. La tecnologia più avanzata per l’epoca o una semplice corda elastica sono risorse che includono, egualmente, la possibilità di produrre soluzioni e la responsabilità di agirle con consapevolezza. Prendere a calci questo lavoro ci ricorda l’importanza della nostra (lucida) partecipazione in tutti i processi, quello artistico come quello politico e sociale.
Una componente importante della ricerca di questi artisti è il progetto, la discussione e previsione di atti e dinamiche, la speculazione su forma e statuto delle cose. Una tale attitudine porterà naturalmente questi artisti a mischiare le proprie virtù e competenze con il mondo del design, così vivo negli anni sessanta, soprattutto a Milano, contagio che renderà la ricerca italiana, tra le più raffinate, complesse, floride di stimoli e di visioni. Dopo la fine dell’esperienza del Gruppo T, De Vecchi si dedicherà infatti alla riprogettazione della forma degli oggetti d’uso, realizzandone di incredibili soprattutto in argento, mistilinei e sorprendenti, ulteriori testimonianze di una volontà tutta spesa nel tentativo di dare a tutti noi infiniti modi di articolare il mondo. (FMC)