CONCETTO SPAZIALE
Lucio Fontana
1960
Tecnica
Dipinto
Materiale
Olio su tela
Misure
110 x 80,5 cm
Provenienza
Opera in deposito della Regione Lombardia dal 2001
N. Inventario
1019
"Una farfalla nello spazio eccita la mia fantasia; liberatomi dalla retorica, mi perdo nel tempo e inizio i miei buchi”. Con queste parole Fontana inaugura una delle fasi creative per cui sarà maggiormente conosciuto a livello internazionale. Concetto Spaziale del 1960 è un esempio del progetto di superamento letterale dei limiti della materia che l’artista intraprende dal 1947, anno in cui redige il primo manifesto per un nuovo statuto dell’arte contemporanea: il Manifesto Blanco, cui seguirà quello dello spazialismo. Tra le numerose varianti della serie dei “Concetti Spaziali”, l’opera del MAGA si compone di una tela forata (i “Buchi”, del 1949/50 sono precedenti ai “Tagli” o “Attese” del 1958) segnata da un gesto controllato che segue i contorni ondulati di un rettangolo, a sua volta inscritto in una leggera gabbia disegnata a matita. Questa modalità, che talvolta compare nelle serie dei “Buchi”, trova una parentela con l’uso rituale della scrittura da parte di Fontana. Ogni concetto spaziale o attesa, infatti, porta come caratterizzazione, nella parte posteriore, una frase poetica, ironica o surreale che appare come un dono segreto, esistente ma invisibile allo spettatore e che nel caso di Concetto Spaziale è: “E’ venuta Margherita e mi à portato una margherita”.
Proveniente dall’ambito della scultura, la multiforme attività creativa di Fontana si esplicita attraverso cicli di opere che partono dalla materia per metterla profondamente in discussione. Tra le prime opere giovanili vi è l’emblematica Uomo nero, figura umana dalle fattezze approssimative su cui è versata una colata di catrame. L’immagine, primitiva e ancestrale, è preludio all’incessante lavoro di forzatura dei limiti della scultura, che caratterizza tutta l’opera di Fontana. Smaterializzazione della forma e contemporaneamente vocazione alla materia, sono i poli antitetici che trovano una sintesi nel gesto dell’artista che oltrepassa la tela, come egli stesso scrive: “La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’infinito: allora io buco questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, una x che per me è alla base di tutta l’arte contemporanea”.