ROTTAME
Renzo Vespignani
1966
Tecnica
Dipinto
Materiale
Olio su tela riportata su tavola
Misure
100 x 130 cm
Provenienza
Opera donata dal Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate nel 1966
N. Inventario
113
Il realismo di Renzo Vespignani si connota per una profonda vena drammatica che rielabora e trasforma la percezione di persone, paesaggi urbani e oggetti della vita quotidiana. Rottame è un’opera che chiaramente si pone all’interno di questa ricerca. Da un fondo neutro, indistinto vediamo infatti affiorare i resti di una motocicletta, i contorni ambigui di ciò che resta di un oggetto usato, consumato e distrutto.
La pittura non risulta però descrittiva e naturalistica, le forme sono evanescenti, a tratti abbozzate, a tratti estremamente dettagliate, i colori non sono stesi in modo uniforme dissolvendosi o concentrando, ancora una volta, l’attenzione solo su alcuni dettagli. Questo rottame ci appare così come un corpo esanime, abbandonato e dimenticato, capace di rendere in tal modo evidente l’intento dell’artista: l’utilizzo dell’oggetto quotidiano come strumento per tradurre una condizione esistenziale, quella dell’uomo contemporaneo, complessa e drammatica.
L’uomo è ridotto ad oggetto, alienato e sfruttato da una società, quella dei consumi, che proprio negli di realizzazione dell’opera si stava affermando in Europa. Ed effettivamente tutta la ricerca di Vespignani, sin dalle prime tele dipinte negli anni della ricostruzione, affronta il tema della condizione umana attraverso immagini di periferia, sconcertanti e desolate. In merito, Marco Valsecchi, in occasione premio dell’Accademia di San Luca, assegnato all’artista nel 1977, scrive: “Tanto più duro diventa il mondo sotto la sua [di Vespignani] lente e tanto più esperta e quasi da virtuoso la sua magistralità espressiva.
Si capisce bene ora da questi limiti di introspezione il suo attento ricorrere ai testi di quei poeti e scrittori, passati e presenti, che operarono e operano in una comune direzione da Gioacchino Belli a Kafka, da Villon all'Elliot dei quartetti sulla desolazione della terra, da cui ricava tutta una galleria sontuosa e alienata di figure e di ambienti”. (AC)