IL RITO
Dino Boschi
1971
Tecnica
Dipinto
Materiale
Olio su tela
Misure
100 x 120 cm
Provenienza
Opera donata dal Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate nel 1973
N. Inventario
162
La pittura di Dino Boschi si caratterizza per la capacità di saper indagare il disagio insito nella società contemporanea, toccando sia la sfera individuale che quella collettiva. Il rito ben documenta questa ricerca, proponendo un’efficace sintesi tra denuncia sociale e introspezione esistenziale: dietro una rete che sembra imprigionare anche lo spettatore, gruppi di persone, senza volto e tutte uguali, sono sedute sulle gradinate di quello che sembra uno stadio. Omologate e anonime, queste figure partecipano silenziose ai riti della società di massa, svuotate di qualsiasi identità e personalità.
L’opera si collega ad una più ampia ricerca dell’artista dedicata agli stadi, alle partite di calcio e le immagini stereotipate che caratterizzano gli eventi di massa; i primi lavori di questa serie risalgono al 1965–1966 dove per la prima volta inizia a ricorrere anche il motivo della rete in primo piano. La pittura di Boschi si presenta così lontana da qualsiasi riferimento naturalista, come nota Pietro Bonfiglioli “tutto è netto, animato, senza corruzione; e tutto è falso, silenzioso, senza vita”, in una riflessione, per sensibilità, affine a quella del gruppo milanese del Realismo esistenziale.
Il pittore bolognese concentra infatti il proprio lavoro attorno al rapporto tra massa ed individuo, l’alienazione ed il senso di profonda precarietà dell’uomo. In proposito, scrive Franco Solmi, in occasione della mostra dedicata al pittore, nel 1981, dalla Galleria d’Arte Moderna di Bologna: “Tutto è immerso in una dimensione metafisica e i fantasmi dello stadio giocano rituali antichi e antiche nostalgie sul tavolo della più scoperta quotidianità. … I riti aristocratici della pittura di Boschi consumano le ultime sconfitte e le ultime superbie dell’arte nei nostri giorni accecati dal presente. Ma potrà davvero questo pittore rispondere ancora col silenzio al delirio delle masse silenziose e all’avvilimento di una cultura trascinata alle schiavitù del consenso nei nuovi stadi?”