LA VOCE DELLA NOTTE
Emilio Fantin
2004
Tecnica
Installazione
Materiale
Legno, impianto telefonico e audio
Misure
300 x 300 x 280 cm
Provenienza
Opera acquisita dal Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate nel 2004
N. Inventario
1305
Dagli anni Novanta Fantin conduce un lavoro artistico fondato sulle relazioni tra arte e pubblico, pubblico e artista, artista e artista e tra le diverse componenti del sistema dell’arte. La sua ricerca si basa, infatti, sulla creazione e l’osservazione dei rapporti interpersonali di diversa natura, indagati per individuarne gli aspetti più intimi e misteriosi. In particolare, l’attenzione di Emilio Fantin si sofferma sulla dimensione notturna del sonno, momento autentico e libero dalla contingenza, da immagini e suoni prestabiliti. Nascono da questo studio opere costituite da spazi e situazioni in cui l’artista crea momenti di condivisione delle fasi di sogno e sonno, aree dove la relazione e lo scambio di idee diventano protagoniste indiscusse dell’opera.
In occasione di Z.A.T. Zone Artistiche Temporanee, XXI-XXII Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, Fantin costruisce un vero e proprio luogo fisico, una sorta di tempio-oracolo che possa rappresentare la “voce della notte” di un’intera città. L’artista realizza nel centro di Gallarate una stanza in legno, di sapore vagamente orientale, aperta al pubblico, in cui chiunque, durante tutta la durata del Premio, possa accedere liberamente per ascoltare i sogni degli abitanti della città. I sogni provengono da registrazioni telefoniche che il pubblico lasciava sulla segreteria telefonica di un numero verde creato per l’occasione. I racconti erano poi trasmessi all’interno dello spazio creato dall’artista. A quel punto, i resoconti personali si spogliavano della dimensione privata per entrare nella sfera pubblica. Nel progetto di Fantin restavano comunque due forme di protezione per il dono che il narratore faceva di sé: da un lato la dimensione raccolta e circoscritta dell’ambiente induceva il pubblico a scegliere di ascoltare l’altro, dall’altro lato l’anonimato dei racconti, rendeva tutti complici allo stesso modo di questo poetico esperimento sociale. (LG)