17 novembre 2002–06 gennaio 2003
La mostra
Le opere di Spagnulo trasudano di storia, di memoria personale e collettiva, sono, come evidenzia Silvia Pegoraro, il “resoconto di un viaggio nei meandri della storia e contemporaneamente nel senza tempo dell’inconscio ... un viaggio che si snoda attraverso i territori di una sensualità aspra e seducente...”.
Il rapporto con la storia e la cultura non è tessuto attraverso scontate citazioni letterarie o iconografiche. Lo sguardo di Spagnulo non è mai citazionistico. Le sue grandi opere, le sculture come le carte, sono profondamente tragiche, fanno leva sui motivi che dalle origini muovono l'animo umano, l’amore, la morte, il potere, la follia, l'odio, l’eros. Motivi tutti plasticamente risolti attraverso un corpo a corpo con la materia, un confronto aspro e serrato che conduce lo scultore a piegare, slabbrare, violentare la materia di cui, da scultore, si serve, acciaio, ferri cartoni ed anche la materia pittorica sulle carte.
L'artista
Giuseppe Spagnulo nasce a Grottaglie (Taranto) nel 1936. La sua prima formazione avviene nel laboratorio ceramico del padre, dove s'impadronisce anche della tecnica del tornio. Dopo aver compiuto i primi studi presso la Scuola d’Arte della sua città, si trasferisce all’Istituto della Ceramica di Faenza, dove è presente dal 1952 al 1958 come allievo di Angelo Biancinì. A scuola ha l’occasione di conoscere il ceramista francese Albert Diato, diventa amico di Carlo Zauli e di Nanni Valentini.
Nel 1959 si trasferisce a Milano per frequentare l'Accademia di Brera. Diventa assistente negli studi di Lucio Fontana e Arnaldo Pomodoro. Appena arrivato a Milano Spagnulo entra in contatto anche con Tancredi e con Piero Manzoni. Attraverso Fontana e Manzoni, il giovane scultore è informato delle esperienze della ceramica informale svolte ad Albisola, all’epoca propaggine culturale della capitale del nord.
Negli anni Settanta, l’opera di Spagnulo appare fortemente segnata da aspetti concettuali che evidenziano il suo interesse per i processi ideativi e performativi dell’arte. Nel 1982, dopo un viaggio attraverso il Mediterraneo, lo scultore riattiva il suo interesse per i materiali e le tecniche ceramiche.
Alla fine degli anni Ottanta, ritorna al tema dei Ferri spezzati, e negli anni Novanta cerca di conferire un senso inedito alla scultura, sfidando la gravità della materia mediante la sospensione di enormi blocchi di ferro: l'esempio più significativo è Campo sospeso, installato a Castel Burio in Piemonte. All'inizio degli anni Novanta gli viene affidata la cattedra di scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Stoccarda, in seguito al grande successo ottenuto dal suo lavoro presso gallerie e musei tedeschi.
L'opera di Spagnulo è stata di recente confermata dalla critica con il “Premio Faenza alla carriera” e con il Premio al Concorso Internazionale d’arredo urbano di Milano: una grande scultura di Spagnulo, Scogliere, formata da cinque enormi blocchi di acciaio, è stata collocata, all’inizio del 2002, davanti al Teatro degli Arcimboldi.