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Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate - Long Play

XXIV Edizione 2012 Premio Nazionale Città di Gallarate

03 marzo 2012–08 luglio 2012

La mostra

Long Play è il titolo della XXIV edizione del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate che si svolgerà dal 3 marzo al 8 luglio 2012 nelle sale espositive del Museo MAGA di Gallarate, con il sostegno della Fondazione Cariplo.
Nato nel 1949 con lo scopo di fondare la Civica Galleria d’Arte Moderna, il Premio ha da sempre prestato particolare attenzione alla ricerca artistica sviluppata dalle più giovani generazioni e alla costante trasformazione dei linguaggi visivi. Con Long Play conferma questa vocazione dedicando la propria a attenzione giovani artisti under 35.

LA COMMISSIONE
Il Comitato curiatoriale composto da Anna Daneri, curatrice indipendente; Denis Isaia, ricercatore culturale e curatore d'arte contemporanea; Noah Stolz, critico d’arte e curatore d'arte contemporanea; Emma Zanella, direttore MAGA e segretario organizzativo del PREMIO; Alessandro Castiglioni, curatore e co segretario del Premio; Paolo Martinelli, architetto e promotore e Federico Simonelli, artista e promotore, ha lavorato a un complesso progetto che intende valorizzare le ricerche artistiche di lunga durata intraprese da alcuni artisti dell’ultima generazione e in cui la dimensione della dilatazione temporale sia coniugata con un ripensamento dell’opera, non più considerata come oggetto definito, ma come progetto di ricerca, campo aperto di riflessione sulla struttura stessa dell’opera. Per la prima volta nella sua lunga storia, il Premio costituisce quindi un riconoscimento di un lavoro già in corso, permettendo il suo ulteriore sviluppo in una mostra che dia conto delle sue stratificazioni, fino all’acquisizione poi dell’opera prodotta.

Long Play, il titolo dell’edizione prende spunto dalla realtà analogica: nei videoregistratori compaiono le funzioni SP short play e LP long play. Premendo un tasto, una videocassetta da 180 minuti diventa da 360. La possibilità di raccogliere e stoccare il doppio delle informazioni fa crescere le dimensioni delle piccole collezioni e dei piccoli archivi personali. Da questo punto di vista la funzione short play è l'antesignana della compressione digitale, ossia quello che dal punto di vista sociale, economico e culturale è forse uno dei passaggi più rilevanti a cavallo del XXI secolo. Mentre il mondo si preparava alla rivoluzione della riproduzione digitale (moltiplicazione e alta circolazione dei dati), l'arte segue un doppio movimento. Da un lato accelera, incita e alimenta. Ne escono una serie di lavori che assecondano l'immediatezza, stordiscono il linguaggio pubblicitario e scuotono le frequenze dei mercati. Per un altro verso, altri artisti sentono forte il bisogno di ritrarsi, di sospendere l'esposizione e appoggiare la propria ricerca su basi più solide. Da qui nasce l’esigenza di impostare la propria ricerca sulla base degli archivi e di ricerche a lungo termine, che sono poi il vero e proprio oggetto dell’indagine critica che caratterizza questa edizione del Premio.

LE FASI DEL PROGETTO
Long Play si è articolato in diverse fasi progettuali. La Commissione scientifica ha primariamente operato presentando e analizzando la produzione e la ricerca di oltre 50 artisti italiani under 35, operanti in Italia e all’estero. Successivamente la Commissione ha deliberato di soffermarsi su una prima selezione di 18 artisti, il cui lavoro corrisponde alle finalità critiche espresse nella scelta del tema/territorio di ricerca individuati dal titolo Long Play. Ciò ha permesso la costruzione di una sorta di archivio di questa tipologia di pratiche artistiche, estremamente utile nella prospettiva di dare continuità al sostegno di questi artisti, partendo da una ricognizione generale, già documentata.

GLI ARTISTI
Tra essi la Commissione ha selezionato i progetti Il grande architetto di Luigi Presicce, Duplice morte Ellero ed ecosistema visivo di Riccardo Arena, Al-rumul: forms-of-life and dwelling di Mariagiovanna Nuzzi, Spool di Diego Marcon, Fusione a neve persa di Alis/Filliol, The dislay of an idea di Raphael Cuomo e Maria Iorio che in queste settimane stanno lavorando anche presso il museo allo sviluppo dei lavori proprio perché la processualità delle opere e il loro carattere aperto presuppone una presenza importante degli stessi artisti in museo, accompagnati anche dai curatori.

IL CATALOGO
La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da MOUSSE PUBLISHING capace di descrivere ogni singolo intervento artistico, e nel contempo, illustrare il processo specifico di progettazione dell’opera.

ATTIVITÀ EDUCATIVA
Per tutto il periodo della mostra Long Play avrà ampi momenti di approfondimento elaborati dal dipartimento educativo del MAGA. Laboratori didattici per bambini, attività di studio e ricerca per giovani studenti, seminari per il pubblico di interessati e specialisti, nell’ottica di trasformare questo premio in un luogo di negoziazione dei saperi e porre i progetti vincitori al centro di uno stringente dibattito sulla capacità dell’arte di riflettere in modo critico sulle problematicità, individuali e sociali, del presente.

LE OPERE 
Alis/Filliol, Fusione a neve persa
L’opera di Alis/Filliol è un costante ripensamento della scultura. Ne sono esempio le “fusioni a neve persa”. Sostituendo la neve, materiale effimero e inadatto a conservare le forme, alla terra refrattaria che tradizionalmente si usa per le fusioni in bronzo, si trasforma il processo di costruzione dell'opera scultorea, fino all’esito conclusivo, realizzato con un materiale duttile, ma visivamente “freddo”, come l’alluminio. Tra le conseguenze più importanti, dovute alla sostituzione del materiale di partenza, vi è l’impossibilità di controllare le azioni: gli artisti scavano il blocco, di ghiaccio tracciando delle traiettorie che non possono vedere, perché chiuse nel ghiaccio. Le forme appaiono solo alla fine del processo, assumendo le sembianze del procedimento stesso.

Luigi Presicce, La Leggenda della Vera Croce
Con La sepoltura di Adamo, primo episodio del ciclo “La Leggenda della Vera Croce”, Presicce prosegue e approfondisce il progetto de Il grande Architetto, performance in quattro atti, basata sulla simbolica uccisione dell’architetto che costruì il tempio di Re Salomone. Nel nuovo lavoro, Presicce si rifà alla leggenda del sacro legno utilizzato per la costruzione della Croce di Gesù. Il legno era quello dell’albero cresciuto sulla tomba di Adamo che il re Salomone fece abbattere per la costruzione del Tempio. Il progetto s’inserisce, infatti, nella più ampia indagine che Luigi Presicce ha rivolto all’uomo e alle sue ricerche verso l’immateriale, senza dimenticare che esse sono generate e alimentate dall’uso comune, dal folklore e dai bisogni, nonché alla sua incessante necessità spirituale, spesso contemporaneamente mistica e mistificatoria.

Mariagiovanna Nuzzi, Al-rumûl: forms-of-life and dwelling
Al-rumûl: forms-of-life and dwelling si concentra sulle differenti fasi che preparano la realizzazione di un film, dalla sua scrittura alla sua elaborazione visiva, come se in queste, piuttosto che nel film finito, risiedessero i veri valori di ricerca, della riflessione, della poetica e della genesi di ogni valore. Tale ricerca di un campo aperto, pur denso di qualità e sapere, si riflette nella scelta del soggetto dell’opera: Al Rumûl, le sabbie, terre in cui differenti posizioni dell'abitare sono entrate in conflitto: da una parte, una “occidentale”, legata alla definizione della proprietà, e dall'altra, una più fluida, legata all'idea di deserto che non appartiene a nessuno, nemmeno allo Stato. Con questi elementi l’artista costruisce un “ante-film”, una bozza allo stesso tempo significativa in sé e autonoma dal film finale. L’allestimento è composto di frammenti di testi e materiali fotografici scattati a Parigi, Berlino, Londra, luoghi di partenza dell'intero lavoro.

Raphaël Cuomo e Maria Iorio, Broken genealogies (Anno 1950)
Il progetto di Raphaël Cuomo e Maria Iorio si svilupperà in diverse fasi, durante i prossimi mesi e a mostra conclusa, prendendo come punto di partenza la storia del Premio Gallarate e le sue relazioni con il contesto storico, sociale e culturale in cui è nato. Il primo passo di questa ricerca, iniziata dagli archivi storici del Premio, è uno spazio appositamente costruito, dedicato alla Prima edizione del 1950, che ospita le opere acquisite in quell’anno, ossia le prime che hanno costituito la Collezione del Museo. Inoltre, insieme alle tele di alcuni artisti come Consadori, Radice e Vedova, sono esposte fotografie e diapositive e sono messi a disposizione del pubblico alcuni materiali di documentazione, con l’obiettivo di costruire un ponte tra il passato del Premio, i suoi valori e il suo presente.

Diego Marcon, Spool
Il progetto Spool, presentato per il Premio Gallarate, consiste nel recupero, nel restauro e nella rielaborazione di archivi video analogici che raccolgono filmati di famiglia. La registrazione amatoriale su nastro, diffusasi nei primi anni Ottanta con l’avvento delle prime videocamere economiche, è spesso caratterizzata da riprese imprecise e tempi morti, catturando, assieme alle immagini della quotidianità familiare dei soggetti, piccole accidentalità che raccontano il contesto e il tempo della registrazione. Questi lievi refusi, nonché lo sguardo di un autore inconsapevolmente regista che taglia gli eventi e attraversa il tempo, sono il vero soggetto di ricerca di Marcon. Durante il corso della mostra si avvicenderanno alcuni di questi brevi film, sintesi o dilatazione di questa indagine dell’artista, condotta attraverso documenti destinati alla memoria del quotidiano.

Riccardo Arena, Duplice morte Ellero ed ecosistema visivo
Duplice morte Ellero ed ecosistema visivo, è un film suddiviso in differenti “video – unità” autonome (di cui il MAGA ospita View From the Window at Le Gras), ambientate in Argentina, dove Juan Vucetich, fu il primo a ideare un sistema per l’identificazione criminale tramite impronte. Il lungometraggio tratta la storia di un investigatore che indaga su un misterioso suicidio in cui due colpi di pistola sparati contemporaneamente sfigurano la vittima rendendola irriconoscibile. La simultaneità degli spari ricorda all’artista quella delle fotografie segnaletiche caratteristiche del sistema ideato nel 1900 da Umberto Ellero. L'opera di Arena nasce dalla raccolta di esperienze effettivamente vissute dall'artista dove, in un diario stratificato nel tempo, documenti trovati, immagini e filmati divengono gli elementi di partenza per il racconto di storie sorprendenti e inaspettate.

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